di Luca Dionisi
Aboutme

In riferimento a quanto affermato nel precedente articolo (The APP Generation: il ricambio generazionale tra innovazione e cambiamento), in cui ho parlato di generazioni e di ricambio generazionale, è molto interessante sottolineare l’importanza degli studi condotti da Howard Gardner e Katie Davis principalmente nell’ultimo decennio: i due autori sostengono che, data l’incredibile velocità con cui gli scenari locali e globali si modificano assumendo nuove forme, in un certo tempo le generazioni potranno essere definite in base alle tecnologie dominanti in un dato periodo e che la loro lunghezza dipenderà dalla durata dell’innovazione tecnologica dominante. Considerando i cambiamenti apportati oggi dai media, la velocità con cui si pongono nella vita di tutti i giorni e la stretta dipendenza che sembra esistere tra la generazione attuale e il digitale, gli autori presentano la definizione Generazione APP per descrivere coloro che sono nati alla fine del XX Secolo. Gli individui appartenenti a questa generazione sono costantemente immersi all’interno del 2.0 e arrivano al punto di abitare il digitale fino a vedere le proprie vite come se fossero formate da una serie di APP, che hanno la caratteristica di essere tempestive e di arrivare con economia di tempo ed energie all’obiettivo richiesto. Per descrivere al meglio le loro idee rispetto alla definizione della corrente generazione, in linea con gli esempi offerti dai due autori, effettuiamo un confronto diretto con esperienze del passato, raccontando come nel tempo si siano utilizzate tecnologie differenti e soffermandoci sul modo differente di interagire con una stessa tecnologia in uno stesso periodo:

 

 

Immaginiamo di voler raggiungere Sassari da Olbia e immaginiamo di farlo in due periodi storici essenzialmente molto differenti, mettendo così a confronto le operazioni messe in atto dalla Generazione X (a sinistra) e dalla Generazione APP (a destra).
Qualche decennio fa si sarebbero vagliate una serie di alternative: comprare una mappa, chiedere ad amici e parenti, seguire le parole di una canzone o, per i più temerari, andare verso ovest. Oggi invece tramite APP e sistema GPS possiamo arrivare a Sassari senza dispendio di energie o addirittura scegliere se raggiungere la destinazione impegnando più energie e più tempo. Questo tipo di applicazione non solo è in grado di direzionarci continuamente – concretizzando al meglio il concetto di velocità istantanea, tanto è in grado di seguirci costantemente – ma anche di interagire direttamente con i nostri bisogni, leggendo i nostri interessi e talvolta inferendo preferenze spesso ottenute generalizzando valutazioni di altri individui.

Quali risposte offrire a un gruppo di alunni/individui che di risposte già ne ha?

Riprendendo quanto detto, gli autori si soffermano su due tipologie di individui interagenti con le app:

  • A) gli app-attivi, ovvero coloro che utilizzano determinate applicazioni come funzionali all’esplorazione e al movimento;
  • B) gli app-dipendenti, che lasciano condizionare le proprie scelte e i propri bisogni rispetto alle applicazioni, entrando così in un loop di condizionamento e di limitazione.

Ciò non vuole ammettere l’esistenza di due tipologie di individui appartenenti alla Generazione APP, ma anzi vuol far riflettere sulle sfumature presenti all’interno di una stessa persona e all’interno dell’approccio che le persone hanno rispetto a una stessa applicazione: questo ci permette dunque di orientare le scelte educative da attuare per estendere la rete sociale anche a coloro che formeranno la società del domani e di garantire dunque il miglior ricambio generazionale possibile.Ogni strategia (o metodologia) è efficace per i bambini e per gli alunni se permette loro di raggiungere con successo e con efficienza – ovvero con risparmio di energie e di tempo – i livelli di performance desiderati e se quindi gli interventi educativo-didattici sono pensati, pianificati e strutturati con funzionalità da parte del docente. Per far ciò bisogna ricordare che, con le dovute differenze, per qualsiasi generazione l’apprendimento è un processo che avviene tra soggetto e oggetto dell’apprendimento e il risultato di questa interazione è essenzialmente il prodotto dell’apprendimento.

Per permettere agli alunni di essere in futuro degli individui (anche) app-attivi e non (esclusivamente) app-dipendenti l’insegnante può quindi intervenire curando al meglio l’ambiente d’apprendimento e modulando differentemente la proposta formativa – per permettere agli alunni di percorrere, con i dovuti errori, la curva sinusoidale proposta da Handy; di decidere quando inserire innovazioni lungo la propria crescita ed essere così i primi artefici del proprio sviluppo; di scegliere da soli quali siano gli strumenti più adatti per il raggiungimento dei propri obiettivi.
Tante sono le operazioni da tenere a mente per realizzare ciò e molte di esse rientrano nella tematica della libertà di insegnamento e più nello specifico fanno parte della cassetta degli attrezzi propria dell’insegnante. A tal proposito, per chiudere, vorrei solamente evidenziare tre fondamenti importantissimi su cui secondo me si devono fondare tali operazioni:

  1. Ricordare che, nonostante esista una netta differenza tra competenze cognitive e competenze affettive, entrambe sono da intendere in stretta connessione ed entrambe sono ugualmente funzionali al raggiungimento di determinati livelli di prestazione;
  2. Ricordare che esiste differenza tra valutazione del processo formativo e valutazione del prodotto formativo: nel presentare un certo compito d’apprendimento e nell’utilizzare determinate strategie l’insegnante deve quindi osservare con molta attenzione le caratteristiche affettive e cognitive degli alunni prima e dopo la proposta di un compito didattico e in parallelo curarsi del livello di successo raggiunto e del ritmo d’apprendimento;
  3. Ricordare che la motivazione degli alunni è essenziale per il senso di autoefficacia ed è fondamentale per il raggiungimento della piena autonomia.