È ormai evidente che i cambiamenti legati al COVID 19 non rappresentano una crisi momentanea ma una vera e propria trasformazione destinata a modificare definitivamente gli scenari sociali e lavorativi. In particolare, alcuni settori come i trasporti, l’intrattenimento, il turismo, la ristorazione, sono chiamati a modificare profondamente i loro modelli di business, a ripensare i servizi offerti, la comunicazione interna ed esterna, a riprogettare l’intera esperienza offerta ai clienti.

Un caso particolare è quello legato alle attività educative e formative. Particolare per due ragioni. In primo luogo, per una questione di importanza, che viene ulteriormente amplificata in momenti di forte discontinuità come questo. In secondo luogo, perché, forse più di altri, questo settore si è trovato poco preparato al ‘salto di qualità’ imposto dalla pandemia. In altre parole, se è vero che in situazioni di forte cambiamento è decisivo saper sviluppare nuovi saperi e nuove competenze è altrettanto vero che i nostri sistemi educativi non sono del tutto pronti a dare risposte alle nuove domande di formazione.

Uno dei punti deboli dell’attuale offerta di formazione riguarda certamente la limitata capacità di sfruttare le potenzialità del digitale. Per anni l’e-learning è stato considerato come il ‘parente povero’ della famiglia dell’apprendimento. Una modalità a cui ricorrere quando mancavano risorse e, nella peggiore delle ipotesi, un ‘copia-incolla digitale’ della formazione tradizionale.

Nel frattempo, la tecnologia andava avanti.

La Rete diventava uno straordinario luogo, ricco di informazioni e aperto al confronto su scala planetaria; gli strumenti di comunicazione e di gestione delle informazioni miglioravano costantemente insieme con quelli di lavoro collaborativo. Poi il digitale ha iniziato a manifestare una sua intelligenza, sono nati strumenti per simulare, per sperimentare, per giocare, insomma per fare esperienze digitali che nella realtà fisica sarebbero difficili da immaginare. E in fondo, lo sappiamo, l’apprendimento è una questione di esperienza.

Il progetto SGameUp cerca di fornire un contributo concreto rispetto a queste tematiche. L’idea è semplice: mettere a disposizione strumenti di creazione di Serious Game, diciamo dei veri e propri editor, consentendo a chiunque di realizzare in autonomia questo tipo di strumenti. Una delle difficoltà maggiori rispetto all’uso dei SG in ambito formativo, infatti, sta proprio nella loro complessità tecnica che richiede competenze specialistiche ed uno sviluppo software generalmente lungo e costoso. Nati grazie a un lavoro di ricerca – iniziato 10 anni fa da una collaborazione con l’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del CNR – gli editor di SGameUp annullano di fatto questa complessità.

Il primo gruppo di SGamers (così ormai chiamiamo i partecipanti al progetto) è partito a fine luglio, partecipando a 3 incontri di formazione attraverso i quali hanno imparato a progettare Serious Game ma anche a realizzarli concretamente attraverso gli editor messi a disposizione. A breve, dunque, vedremo i frutti di questo primo gruppo di ‘valorosi’ mentre la prossima edizione del progetto è prevista per fine ottobre.

SGameUp, dunque, è un progetto che cerca di trasformare conoscenze e tecnologie in una offerta formativa destinata a formatori insegnanti ed educatori. Dietro l’iniziativa aziendale c’è però una visione, o forse un ‘sogno’, ovvero quello di costruire una comunità di persone che interagisce, riflette, impara e costruisce insieme. Insomma, un piccolo contributo rispetto ad un tema tanto fondamentale quanto purtroppo trascurato che riguarda l’innovazione dell’apprendimento nel nostro Paese.


ARTICOLO REALIZZATO IN PARTNERSHIP CON SGameUp

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