di Veronica Vitale
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I territori spesso raccolgono al proprio interno diverse realtà, plurali e sfaccettate. In una stessa città quartieri storici, centri urbani e periferie coesistono in una dimensione più o meno pacifica, dove le differenze e le molteplicità il più delle volte non offrono spunti di coesione e cooperazione sociale bensì di divisione.
In contesti simili sempre più spesso negli ultimi anni si sta lavorando per rafforzare il rapporto tra lo spazio e la persona, puntando sulla rigenerazione urbana e sul superamento della ghettizzazione e cercando nuovi strumenti di innovazione sociale per promuovere la riqualificazione dei territori. In questa ottica, una soluzione è rappresentata dall’arte e dalla cultura in generale, che diventano motore di trasformazione e leve per la diffusione delle buone pratiche di inclusione e partecipazione.
Fondendosi con lo spazio urbano, l’arte crea connessioni, favorisce le contaminazioni e dà nuova vita a realtà dimenticate e degradate, trasformandole in luoghi dinamici, in aperta connessione con lo spazio e le persone. Non più musei asettici e bloccati nel loro immobilismo, ma spazi di confronto e incontro, di sperimentazione e innovazione in cui ogni artista può realizzare un progetto di dialogo organico con il luogo in cui si inserisce.
Luoghi come il MAAM, Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz_Città Meticcia. Sviluppatosi negli spazi di una ex fabbrica di salumi in via Prenestina, il MAAM è un museo irregolare nato per proteggere Metropoliz, la “città” fondata nel 2009 quando un gruppo di 200 persone senza casa occupa lo stabile abbandonato nel cuore della periferia romana. Dalla carcassa di un’archeologia industriale risorge, così, una nuova realtà urbana che inaugura un’esperienza multiculturale inedita di convivenza e diventata esempio di integrazione, recupero e autogestione. Metropoliz, una città meticcia nei suoni, nei profumi e nei linguaggi,che trova il proprio punto di forza nella condivisione e nella convivenza.
Il MAAM è quindi un museo abitato in cui si realizza la fusione tra arte e vita, un luogo di sperimentazione artistica e culturale, di ricerca, elaborazione e relazione. Un progetto sui generis, esempio di un’opera corale e collettiva in cui gli abitanti collaborano con gli artisti per definire una nuova soluzione abitativa contaminata dall’arte in ogni aspetto della vita, anche quelli più intimi e privati della sfera domestica. In questa ottica il MAAM diventa un mosaico, in cui ogni abitante e ogni artista partecipa con la propria vita e le proprie opere alla realizzazione di un progetto di integrazione e difesa delle differenze.
Gli artisti sono lasciati completamente liberi di esprimersi, ma tale libertà si accompagna ad una forte responsabilità,ovvero quella di dotare Metropoliz di un’armatura forte e bellissima,capace di difendere la città e i suoi abitanti dalla minaccia dello sgombero coatto. Un legame virtuoso quello tra l’arte e la città meticcia che si traduce,anche, in un processo di apertura verso l’esterno e di riqualificazione di un’area periferica, trasformando un simbolo del degrado, che spesso caratterizza queste zone, in un oggetto-soggetto di arte partecipata.
Quello nato entro i confini della città meticcia può essere considerato un laboratorio in cui gli artisti sono chiamati a dare forma all’innovazione sociale, un esempio di recupero, valorizzazione, integrazione e sperimentazione di una nuova convivenza urbana, che restituisce alla città uno spazio pubblico. In quest’ottica, il MAAM rappresenta un’opportunità per l’intera città di Roma (e non solo), che si è così dotata di uno strumento per ripensarsi alla luce della coesistenza, dell’integrazione e della cooperazione.