In una bellissima mattinata di sole, ieri mattina, ospiti dell’Ambasciata Americana a Roma siamo stati invitati da Fondazione Mondo Digitale a seguire la Conferenza di presentazione della quarta edizione del progetto Coding Girls.

Fondazione Mondo Digitale, Ambasciata USA e Microsoft Italia, in occasione della Coding Week, sono ancora una volta a fianco delle giovani donne, per accelerare il raggiungimento della parità di genere nel mondo del lavoro; 4000 studentesse di Milano, Roma, Napoli e Catania saranno protagoniste di questo percorso volto alla valorizzazione dei talenti a femminili nel campo delle STEAM, e nella costruzione e nello sviluppo di una e-leadership al femminile.

Durante la Conferenza Stampa di presentazione, moderata ottimamente da Mirta Michilli, Direttore Generale di Fondazione Mondo Digitale, sono stati presentati i numeri che certificano che ancora oggi una differenza di genere esiste nel mondo del lavoro e le soluzioni che un progetto come Coding Girls propone.

In Italia meno della metà delle donne in età lavorativa risulta occupata, con un divario di genere di ben 18 punti percentuali, uno dei più grandi tra i Paesi Ocse.
Dopo la maternità, a parità di basso livello d’istruzione le donne risultano avere una percentuale di riassunzione del 40% più bassa dei padri.

Anche dal punto di vista retributivo i numeri certificano che un divario di genere esiste; a parità di livello d’istruzione una donna non laureata guadagna il 10% in meno di un uomo, mentre fra i laureati il gap di genere sale al 36%.

Del 60% di addetti nel settore ICT soltanto il 13% sono donne, numeri che penalizzano il genere femminile in tutte le professioni più innovative.

Ed è proprio partendo dal settore ICT, che Coding Girls vuole invertire una tendenza che se non fosse modificata, secondo i dati del World Economic Forum, permetterebbe alle donne di ridurre il gap con gli uomini fra 170 anni. Un tempo un pò troppo lungo non credete?

La mission delle Coding Girls è quella di permettere il superamento degli stereotipi di genere, appassionare le donne alla programmazione, permettere alle studentesse l’uso delle nuove tecnologie, e proporre modelli positivi, tutto al fine di avvicinare il traguardo della parità di genere nel mondo del lavoro.

Kelly Degnan, Vice Capo Missione dell’Ambasciata Americana a Roma ha ribadito l’importanza di questo ponte fra l’Italia e gli Stati Uniti d’America, mentre Paola AndreozziDirettore CSR e Customer & Partner Experience di Microsoft Italia ha ribadito tutta la fiducia e la collaborazione che la multinazionale americana da e darà a questo progetto.

Per maggiori informazioni vi invitiamo a visitare il sito del progetto.


 

Al termine della Conferenza incontriamo la Prof.ssa Gabriella Cecchetti, docente di informatica all’Istituto Statale Lucio Lombardo Radice di Roma, ed Ambassador del progetto Coding Girls.

Prof.ssa, viviamo un momento di grande cambiamento, sarebbe bello poter discutere di intelligenza artificiale o di realtà aumentata, ma siamo qui oggi a parlare di differenza di genere, del fatto che le donne si sentano ancora discriminate, ostacolate, credevo onestamente che fosse una cosa superata…

Purtroppo non è così, anzi a mio avviso dopo anni in cui si intravedevano segnali di crescita, di cambiamento, trovo che il problema si stia facendo di nuovo serio.

Cioè c’è stata una regressione?

Bhè si, più che una regressione diciamo che la mia sensazione è che questo gap stia crescendo nuovamente.

Perché?

Dimentichiamo che questa differenza di genere a livello psicologico c’è ancora, quindi se non si tiene alta l’attenzione, e non si continuano ad attivare iniziative di questo genere, si torna a come si era un po’ di anni fa.
Ho più di 30 anni di servizio, e sono sempre stata una persona che ha creduto nelle pari opportunità per tutti, anche per l’organizzazione di una famiglia, tutti devono provvedere al mantenimento della famiglia, non solo l’uomo. Per una donna che vuole crearsi una famiglia, rientrare nel mondo del lavoro non deve essere un problema.
Volevo fare l’insegnante, credo molto in quello che faccio. Nonostante l’età ho creduto nell’informatica, da una laurea in matematica mi sono buttata sull’informatica, cercando sempre di cogliere le novità; ho dovuto sempre combattere per dimostrare le mie capacità, e lo faccio ancora adesso. L’esperienza insegna che bisogna essere vigili, e combattere per fare in modo che tutti abbiamo le stesse opportunità.
La differenza di genere esiste, un uomo ed una donna hanno caratteristiche diverse, se riusciamo a trovare un equilibrio in grado di compensare queste differenze, di renderle complementari, allora cresciamo e secondo me cresce il mondo.
L’informatica è un mondo in continuo movimento, occorre studiare continuamente qualche cosa di nuovo, con ordine, ed anche creatività.
E’ veramente importante credere che possiamo essere capaci di realizzare qualche cosa, è la ricetta per sfondare. Scusate se lo dico, ma il maschio crede di essere un gradino più in alto, io che ho classi soprattutto maschili, vedo che all’inizio l’intuizione forse è più maschile, ma poi, l’approfondimento, la conoscenza, sono caratteristiche prettamente femminili.
Io ho imparato dagli studenti maschi a buttarmi di più nell’aspetto pratico, però se non metto ordine nella mia testa e non documento, il prodotto non è vincente.
Fino a qualche anno fa, anche con la riforma della scuola, c’era questa attenzione alla differenza di genere, poi c’è stata una ricaduta ma non le so dire il motivo. Ora con una iniziativa come Coding Girls, in cui credo molto, porto le mie ragazze a competere, fanno e faranno le tutor in altre scuole, molte delle mie studentesse hanno fatto formazione ad altre ragazze, e fare formazione fra pari, secondo me è fantastico. Abbiamo fatto formazione anche ai ragazzi maschi, questo aiuta a far crescere una cultura diversa, più sostenibile nella mente degli studenti, si è creata questa bella socializzazione, anche se adesso spesso la tecnologia allontana le persone.

Si è vero, c’è questo rischio, ma resto convinto che i rapporti umani, l’empatia che si crea tra le persone, sia ancora un fattore determinante per arrivare al successo.

Esatto! Ma si può comunicare attraverso messaggini con WhatsUp? Nulla di questo può essere equiparabile ad una attività condivisa.

Vero, ma la tecnologia va considerata come uno strumento a disposizione, non l’unica soluzione possibile. Sta a noi usarla nel modo corretto, avere l’intelligenza di governare e non subire un processo. Non è avendo un atteggiamento respingente nei confronti della tecnologia, che si risolve il problema non crede?

No, assolutamente. Ha ragione, la tecnologia può essere una risorsa utile a superare anche queste differenze di genere, però secondo me ci vuole anche il contatto verbale.
Scambiarsi le idee senza avere paura di farlo. In questo senso la tecnologia può aiutarci, come strumento di condivisione, può favorire la diffusione di esperienze, ma chiaramente una chat non crea l’empatia fra persone di cui discutevamo prima.

Torno su questo punto, è importante trasferire ai ragazzi la conoscenza utile a governare i processi. Uno strumento come WhatsUp non va sopravvalutato, ma neanche sottovalutato, va semplicemente conosciuto. Ci si rende conto a quel punto, che non è sostitutivo di nulla, ma è semplicemente una possibilità in più per comunicare.

Si, sono perfettamente d’accordo. La conoscenza è alla base di tutto. La conoscenza è saper ascoltare, è saper cogliere l’innovazione anche fra le piccole cose, saper riflettere, sperimentare, creare. Non si deve avere paura di creare, a me sembra che, adesso,  si tende ad affidarsi troppo alla tecnologia perdendo creatività.

Secondo me dipende molto dall’approccio. Se consideriamo l’innovazione tecnologica come un qualcosa che lavorerà al posto nostro, si il rischio esiste, ma se impariamo a considerarla come un potenziamento delle nostre possibilità, come una risorsa che ora abbiamo a disposizione, non credo ci sia il rischio di perdere delle facoltà, anzi…

Questo è vero, ma frequentando i ragazzi, a volte il dubbio mi viene; la formazione online adesso va molto di moda, i tutorial, i video. I ragazzi sono catturati dai video. Fanno auto-formazione, e questo va benissimo, quello che non mi piace è che spesso mi dicono: Prof, ho messo un video su YouTube ma non è monetizzabile. Capisce? Vogliono monetizzare; spesso quei video sono brutti e mi chiedo, perché?
Perché non ci mettono l’impegno?, La partecipazione?, L’entusiasmo?.

Oggi la tendenza è quella del perfettamente imperfetto, un video montato in maniera amatoriale, può risultare più efficace perché appare più vero. Il messaggio risulta accelerato, potenziato… chiaramente è la qualità dei contenuti, più che la forma in molti casi a permettere come dicono i suoi studenti di “monetizzare” un tutorial.

Certo, me ne rendo conto e questo è un punto di vista che mi piace.

La cosa che mi è piaciuta di più della conferenza di oggi è stata che il focus non era mai sull’età delle ragazze, ma sulle competenze che queste studentesse avrebbero acquisito con il progetto Coding Girls.

Assolutamente si,  ottima osservazione, sono d’accordo.

Essere giovani non può essere considerata una qualità bensì uno stato, sono le competenze che determinano la validità di un individuo, non l’età anagrafica. Io credo che il Mondo non si divida in giovani e vecchi, ma in persone preparate e persone meno preparate. Ed oggi il mercato del lavoro richiede fortemente delle competenze specifiche non crede?

Sono d’accordo, non solo il mercato del lavoro, ma la vita di tutti i giorni richiede competenze specifiche. Secondo me un progetto come questo contiene tutte queste caratteristiche. Anche se limitato nel tempo, riesce comunque a trasferire dei valori.
Questo è il terzo anno che coinvolgo le mie studentesse. All’inizio erano 4 o 5. L’anno scorso se ne sono iscritte senza che io facessi pubblicità, 20. Tutte volevano fare formazione ed andare a fare competizioni. La cosa vincente sono i team composti da 4 o 5 giovani, in coppie anche di scuole diverse, si confrontano, si supera il concetto di classe. Queste sono cose che aiutano a misurarsi, insegnano a saper scindere tra quella che è la propria esperienza, quello che dice quell’insegnante o quel compagno.
Un altro fattore importante è il non sapere in anticipo quale sarà il tema che tratteranno. Le ragazze sanno che lavoreranno magari con un certo linguaggio visuale, ma è dal tema che deve uscire un prodotto. L’anno scorso ad esempio, l’obiettivo era pubblicizzare la problematica della parità di genere. Tutti in poche ore dovevano realizzare o un gioco, un video, un fumetto su questo… il risultato è stato stupefacente!

La frase più bella che ho sentito oggi è stata che il livello di attenzione e partecipazione lo si misura con i sorrisi dei ragazzi. Una cosa bellissima, esprime partecipazione, entusiasmo…

Si, inizialmente si possono incontrare delle resistenze, è necessario convincere i ragazzi a provaci, cercando di dargli sicurezza. La competizione serve, ma sono fondamentali le attività di lavoro fra pari. Non soltanto competizione, ma anche molta condivisione. Trasferiamo continuamente il paradigma che sperimentare esperienze nuove è un valore aggiunto per la vita, se riusciamo a fare bene tutto questo, questa cosa fa anche sorridere. Ho avuto ragazze che volvano andar via all’inizio, poi hanno fatto competizioni di informatica per 10 ore consecutive. Esperienze bellissime, che sono certa accompagneranno i ragazzi durante tutta la loro vita.

Prof.ssa Cecchetti, grazie per aver condiviso con parte delle sue esperienze e non possiamo non darle appuntamento per un altra chiacchierata, dove magari potrà raccontarci gli obiettivi che sono stati raggiunti con questa quarta edizione di Coding Girls.

Assolutamente si, grazie anche a voi, ma sopratutto alle persone ed alle ragazze che rendono possibile tutto questo.