di Edmondo Amichai Herskovits

Dopo quasi mezzo secolo di insegnamento di Gestione delle Risorse Umane in Azienda, rivolto a manager o neolaureati, ancora resto incredulo di fronte all’attitudine generale a parlare di “colpe” oppure “meriti”, di essere fatti in modo “sbagliato” o il contrario nonché di un atteggiamento “giudicante” anziché uno “valutante”.

Quando chiedo a qualcuno se è un merito essere intelligenti o una colpa essere stupidi, quasi sempre questo concetto di fondo viene negato, eppure tutti usano queste affermazioni (ed altre equivalenti) per emettere giudizi quando non, addirittura, condannare.

Cerchiamo di affrontare la cosa in maniera “scientifica” seppure si tratta di scienze umane e non scienze esatte, sempre di scienza si tratta, e mi permetto di ricordare sommessamente che anche la medicina è una scienza umana e non una scienza esatta, il che non ne inficia la validità, confinando i risultati nell’area “probabilistica & approssimativa”.

Quando nasciamo la maggior parte delle cose importanti per noi è già stabilita, ad esempio:

  • DOVE nasciamo, nascere a Dacca o a New York non è lo stesso.
  • DA CHI nasciamo, nascere in una famiglia di intellettuali benestanti non è lo stesso che essere figlio di emarginati, magari drogati o delinquenti abituali.
  • COME, nasciamo, nascere normodotato o non vedente cambia la nostra vita o anche, più banalmente, nascere maschio o femmina.

Il che ci riporta al nostro tema, motivo di fondo della vita di molti che non si sentono soddisfatti per “come sono” ed auspicano di poter modificare radicalmente ciò che non piace a loro: perché siamo come siamo, quante possibilità abbiamo di essere diversi da come siamo?

Lasciando perdere l’aspetto fisico che, soprattutto ultimamente, si può parzialmente modificare con protesi esterne (come tacchi alti o spalline imbottite della giacca) o protesi interne, (i chirurghi plastici hanno una grande varietà di proposte in merito) ultimamente va molto “di moda” seguire consigli di qualche guru del momento su come, ad esempio, aumentare il proprio carisma e la propria assertività. Non nego che alcune tecniche possano avere qualche utilità, nego che possano radicalmente cambiare la vita di qualcuno, diciamo che uno sforzo di mille può dare risultati pari a 0,1.

Non so quale sia la “magica chiave della felicità”, ma conosco molte drammatiche chiavi di infelicità, una delle più efficaci e diffuse è voler essere diversi da come siamo e non accettarsi, ponendosi obiettivi difficilissimi se non impossibili per come siamo fatti.

Un esempio, io sono alto 187 centimetri, peso 105 kili e porto scarpe numero 46. Se qualche regista folle mi proponesse la parte di protagonista in un film sulla vita di Nureyev, ed io fossi abbastanza scemo da accettare, dovrei sottopormi a diete disumane per perdere una quarantina di Kili, studiare ossessivamente danza classica per 26 ore al giorno ed eseguire importanti e devastanti operazioni di plastica facciale, per ottenere un risultato, per lo più “abominevole e ridicolo”, attraverso sofferenze inaudite!

Eppure, facendo l’orientatore per giovani, ho visto decine di figli di imprenditori, che i genitori volevano forzare ad essere eredi dell’impresa, condannando i giovani all’infelicità e l’Azienda all’insuccesso;
lo stesso per figli di Notai, Commercialisti o qualsiasi altro mestiere, compresi quelli artistici nei quali, ad esempio, vediamo figli di grandi attori diventare squallidi cloni dei propri genitori.
Alternativamente “studia economia e commercio, legge, o informatica che apre molte strade e rende più facile trovare lavoro! . Ottime autostrade per l’infelicità!

Le domande chiave sono infatti:

  • CHI SONO
  • QUAL’E’ LA MIA MISSION IN QUESTA VITA
  • COME ADEMPIERE AD ESSA.

Per evitare il “giudizio” su come si “deve” essere, una semplice riflessione:
quando nasciamo NON siamo “tabula rasa”, ma il risultato di 3 fattori GENETICO, AMBIENTALE e CASUALE;
per “casuale” comprendiamo tutto ciò che non è né genetico, né ambientale; interessante lo studio su coppie di gemelli monozigoti separati al momento della nascita negli USA (risale agli anni ’50), sono emersi risultati le cui cause non sono ancora comprese, nel tentativo di distinguere le influenze ambientali da quelle genetiche.

Appare evidente che alcune nostre scelte possono influire sul fattore ambientale;
poniamo, ad esempio, che la prima scelta di un bambino sia, all’asilo, con questo bambino gioco e con questo no, evidentemente la “scelta” di un’amicizia può comportare considerevoli modifiche nel futuro del bambino, ma…

  • Sino a quel momento non aveva fatto “scelte” (è solo un esempio), ma la sua personalità era frutto dei tre fattori Ambientale, Genetico, Casuale che lui non aveva scelto, quindi…
  • La cosiddetta “scelta”, effettuata dalla sua personalità, non è altro che il risultato della “programmazione” avvenuta in lui dai 3 suddetti fattori.
  • Via via la concatenazione degli eventi e delle “scelte” segue la linea della programmazione.

Sento già il brusio di dissenso, basato sul concetto di “libero arbitrio”, se non addirittura di anima ed influenza divina, prego lor signori dissenzienti, di darmi una dimostrazione scientifica dell’esistenza del libero arbitrio o altro.

Diciamo che la condizione di un essere umano, può veni descritta con un paio di esempi:

  • Un naufrago su di una zattera di 10 metri quadrati che non ha né remi, né timone o vele o qualsiasi altro organi di governo, restando in balia di venti flutti o correnti, …il meschino può solo scegliere su quale parte della zattera gli conviene stare.
  • Un giocatore che, nascendo, si trova seduto ad un tavolo da gioco con una mano di carte (che non ha “scelto”) in mano, impiegherà i primi 20-30 anni della sua vita per capire le “regole del gioco” (si sta giocando a Poker, Bridge, Scopa o Rubamazzo?) e per capire quanto vale la mano di carte che ha ricevuto a quel gioco specifico. Il resto della vita concentrato a come giocarsi nella maniera più efficace le carte che gli sono state destinate, magari cercando di capire quali carte hanno i suoi compagni di gioco.

La consapevolezza di ciò è da me considerata un’ottima chiave di partenza nella vita che ci aiuta a comprendere meglio quale sia il nostro posto nel mondo e come giocarci al meglio le carte che il destino ci ha date, mentre il rifiutare questo concetto e soggiacere alla cultura del “bisogna essere…” non fa altro che renderci più difficile il cammino della vita.

Il che non vuol, naturalmente, dire che ogni comportamento sia concesso ed ammissibile e si debba tollerare qualsiasi cosa in nome della “non scelta” di come siamo; la società civile ha il diritto/dovere di difendersi da comportamenti socialmente negativi e porre regole, così come la buona educazione, che rendano meno sgradevole la convivenza. Per questo motivo, non defechiamo, ad esempio, in pubblico anche se ne sentiamo il bisogno. Ma, al di là delle regole di convivenza civile, è lecito comportarci nella maniera che ci è più consona a patto di non creare disagio per altri, il che ci porta all’eterna discussione di dove posizionare l’asticella del “mi dà fastidio” … 

Questo punto di partenza ci porta a diversi rami di discussione, che sarò lieto di aprire se qualcuno dei miei lettori ne dimostrerà l’interesse, ne cito solo alcuni:

  • Come e perché è nata la cultura del “giudizio
  • Come utilizzare questo punto di partenza nel lavoro e nel team building
  • Come utilizzare questo punto di partenza nel gestire le relazioni nel quotidiano
  • Come comprendere come sono fatti gli altri e, di conseguenza, come imparare a gestire più efficacemente le relazioni
Edmondo Amichai Herskovits
Nato a Roma 16-11-1943, vive stabilmente a Roma dal 1977, dopo permanenze a Trieste, Milano, Losanna, Parigi, Tel Aviv ed attività lavorative in varie parti del mondo.
Consulente in Gestione delle Risorse Umane, Selettore del personale e Recruiter, Counsellor, Docente di discipline umanistiche e relazionali, Orientatore, Team Builder, parla fluentemente l’Yiddish, l’Italiano, il Francese, l’Inglese, il Tedesco, lo Spagnolo, e Ebraico moderno.
Da sempre interessato e studioso di comportamenti umani in ambito lavorativo e non, focalizza il suo lavoro nell’obiettivo di ampliare la possibilità di ognuno di migliorare la propria comprensione di se stesso e degli altri.
Mail: herskovits@hke.it    Sito www.hke.it